Poesia: Lettera a una compagna triste

Hai conosciuto la Siria già; oppure non ci sei ancora stata,

Hai amato i balli e i canti trasmessi dal Sham.

o eri invece presa dalle mille vicissitudini della vita qua,

eppure oggi sei triste, triste d’anima.

 

 

Le lacrime scorrono sui visi siriani scioccati

Non si spiegano questo diluvio mondiale

contro un popolo sereno con le sue mille culture

non c’è nave che regga, questo ferro e fuoco!

eppure respirano:

ancora

Libertà

ora e in avanti.

 

 

Stanno in affanno, davvero

sono soli dappertutto e circondati ovunque

Non c’è scampo e non c’è tregua

 

 

Non ce la fai più,

non ce la fai più perché sai

perché oggi si sa; l’altro ieri invece

si pensava:

sarà?..

 

 

Come le vittime, non hai un nome

Anche a te ti riconosciamo soltanto del colore della tua maglietta

tutti siamo visi di profilo

Hai gridato la tua rabbia sui mari, a tutti i venti

il tuo sdegno

 

 

Oggi sei incredula perché ancora si muore, si piange, si soffre

in Siria

si soffre l’infinito continuo

come ieri, e l’altro ancora

 

 

Ma la tristezza è dovuta a quelli che stanno qua:

perché i potenti non sentono,

non la smettono?

 

 

Senti l’impotenza, l’impossibilità;

agisci senza incidere minimamente:

così credi

 

 

La rassegnazione no però!

La rassegnazione: mai

 

 

Senti l’inefficienza e sei triste

molto triste

 

 

Ma temono proprio te compagna cara, come temevano i bambini innocenti di Dar’a.

 

 

Temono che un giorno la tua tristezza diventi determinazione,

Che la tua rabbia si trasformi in azione,

non più da sola ma compatta con tanti di noi

hanno paura della luna, avvolta nelle tue mani

protetta

perché non lascerete più loro dire il possibile e l’impossibile

Ma sia tu a volerlo

il non ancora possibile

 

 

Poiché il solo possibile,

a termine, è orribile

 

 

Pensaci, chiudi gli occhi e respira

aria di volontà e libertà. Gioia mia

 

 

Gianni,

Roma, piazza del Popolo siriano, 19 marzo 2016