Hai conosciuto la Siria già; oppure non ci sei ancora stata,
Hai amato i balli e i canti trasmessi dal Sham.
o eri invece presa dalle mille vicissitudini della vita qua,
eppure oggi sei triste, triste d’anima.
Le lacrime scorrono sui visi siriani scioccati
Non si spiegano questo diluvio mondiale
contro un popolo sereno con le sue mille culture
non c’è nave che regga, questo ferro e fuoco!
eppure respirano:
ancora
Libertà
ora e in avanti.
Stanno in affanno, davvero
sono soli dappertutto e circondati ovunque
Non c’è scampo e non c’è tregua
Non ce la fai più,
non ce la fai più perché sai
perché oggi si sa; l’altro ieri invece
si pensava:
sarà?..
Come le vittime, non hai un nome
Anche a te ti riconosciamo soltanto del colore della tua maglietta
tutti siamo visi di profilo
Hai gridato la tua rabbia sui mari, a tutti i venti
il tuo sdegno
Oggi sei incredula perché ancora si muore, si piange, si soffre
in Siria
si soffre l’infinito continuo
come ieri, e l’altro ancora
Ma la tristezza è dovuta a quelli che stanno qua:
perché i potenti non sentono,
non la smettono?
Senti l’impotenza, l’impossibilità;
agisci senza incidere minimamente:
così credi
La rassegnazione no però!
La rassegnazione: mai
Senti l’inefficienza e sei triste
molto triste
Ma temono proprio te compagna cara, come temevano i bambini innocenti di Dar’a.
Temono che un giorno la tua tristezza diventi determinazione,
Che la tua rabbia si trasformi in azione,
non più da sola ma compatta con tanti di noi
hanno paura della luna, avvolta nelle tue mani
protetta
perché non lascerete più loro dire il possibile e l’impossibile
Ma sia tu a volerlo
il non ancora possibile
Poiché il solo possibile,
a termine, è orribile
Pensaci, chiudi gli occhi e respira
aria di volontà e libertà. Gioia mia
Gianni,
Roma, piazza del Popolo siriano, 19 marzo 2016