Quanto zucchero faccia bene ai rapporti?

Una prima reazione a caldo dopo la diffusione dell’appello:

“chiamateci quando avrete finito la vostra pausa di riflessione..”

“Caro, ho letto il tuo post sul mio profilo e non capisco perché tu l’abbia condiviso con me e cosa dovrei aspettarmi da questo. ..Ci ho messo un po’ a rispondere perché non credo di dover giustificare o dare spiegazioni di quello che faccio o se sto facendo qualcosa riguardo alla Siria!”

“Capisco il disaggio cara, invece credo che si tratti di un malinteso. Ho condiviso sulla bacheca di persone che ritenevo affine – in via eccezionale per altro visto che non lo faccio quasi mai – un appello nazionale che sta riscontrando un discreto successo (oltre 700 visualizzazioni nell’arco delle prime 24 ore), proprio perché siamo in contatto con tante realtà differenti su fb. Se il testo la gente lo sta leggendo è anche perché persone come te hanno autorizzato la sua apparizione sulla proprio bacheca.

Se avessi avuto l’intenzione invece di fare un commento personale a te o altri – però non è il mio stile come ben sai – non lo avrei fatto in questo modo. Non avrebbe senso, mi sarei rivolto a persone individualmente, non pensi?

In ogni caso, qualunque condivisione – dal momento in cui la persona “interpellata” non è intenzionata a partecipare – può essere rimossa. Se non erro questo è una funzionalità di fb. Se non fosse così e volessi comunque fare scomparire questo avviso, non avrei nessun problema a rimuovere la condivisione a monte.

Ti ho visto come una persona vicina nella diffusione di questo appello per questo mi sono permesso, così come con A. e M.

Questo appello ha un elemento inconsueto e lo riconosco.

E’ proprio ciò che può aver fatto scattare la tua reazione indignata, quando hai pensato che si trattasse di un atto accusatorio nei tuoi confronti.

Il testo cerca invece di rompere un tabù: si è in diritto di denunciare la passività della comunità italiana pro-rivoluzione siriana attaccata ai social-media? Senza voler entrare qua nell’analisi della trappola che rappresenta il protagonismo soltanto sui social-media e lontano dalla vita reale tra la gente, l’intenzione dell’appello è di smascherare un meccanismo perverso che si è istallato tra alcuni sostenitori dell’autodeterminazione del popolo siriano sui social-media italiani;

ed è il seguente:

1. abbiamo denunciato tanto su i social-media dal 2011,

2. non è cambiato nulla, non siamo riusciti nemmeno ad arricchire in modo sostanzioso il dibattito nella società,

3. non si può fare niente; in generale s’intende ciò poi: “l’Italia fa schifo e farà sempre schifo”.

Ora, chiunque ha un po’ più di esperienza della vita e di conoscenza di come gira il mondo – proprio in funzione della partecipazione attiva o meno della gente nel destino delle proprie comunità, e non solo nel virtuale – si sentirebbe interpellato da questo disfattismo puerile.

Dal momento in cui l’ipotesi di partenza – cioè quella di un protagonismo esclusivo tramite i social-media – è autolesionista, perché non denunciarlo? Dando così la possibilità infatti a chi si è buttato in un vicolo cieco di vedere una nuova luce in fondo al tunnel.

Questo è il vero intento credo dell’appello nazionale: quello di tranquillizzare le persone che in tema di solidarietà attiva con la popolazione siriana si può fare una marea di cose – senza spendere una lira poi!! Cosa questa molto importante sulla penisola italica..

Se il cuore di questo messaggio è arrivato a chi ha letto l’appello – forse proprio perché è rimasto interpellato dalla prima frase che può indispettire, senza diventare comunque davvero accusatorio (visto sopratutto l’analisi generale e l’integrità del gruppo che l’ha formulato) – allora è stato utile.

non credi?”