Noi studentesse e studenti dell’Università l’Orientale di Napoli scriviamo in risposta all’articolo firmato da Giuseppe de Rinaldi, pubblicato in data 30 marzo sul sito Partito comunista Campania, per correggere alcune inesattezze storiche e per chiarire alcuni punti sul documentario “Our Terrible Country”.
Il primo punto sul quale vorremmo concentrarci riguarda la definizione della situazione siriana come guerra civile. Il primo a parlarne è stato il portavoce della Croce Rossa Internazionale Hicham Hassan in un intervista rilasciata alla BCC il 15 luglio 2012. Precisiamo che la definizione di guerra civile è stata applicata agli scontri in Siria per via della loro estensione su tutto il territorio nazionale. Dal marzo 2011 il regime ha sistematicamente represso ogni manifestazione di piazza usando una violenza ingiustificata, indirizzata contro la popolazione. Dunque, bisogna essere cauti nel parlare di 5 anni di conflitto civile: in tal modo passerebbe l’idea che sin da subito il regime di Assad abbia impiegato le armi per contrastare gruppi armati ed organizzazioni terroristiche.
In secondo luogo, vorremmo concentrarci sull’entrata in scena di Daesh nel conflitto siriano. Nonostante i rapporti tra questo e al-Nusra, organizzazione terroristica affiliata ad al-Qa’ida, lo Stato Islamico non è intervenuto in Siria dal 2011, ma dal 2013, muovendosi dall’Iraq ed arrivando a conquistare ed occupare la città di Raqqa, divenuta poi la capitale del califfato. Grazie all’infiltrazione di guerriglieri esperti dal 2013 è stato possibile per Daesh occupare altre città e rafforzare le sue posizioni. Il conflitto siriano non è dunque iniziato come uno scontro tra regime e Daesh, né ad oggi deve essere ridotto in questi termini, vista la presenza di un grande numero di gruppi di opposizione di altro tipo.
Nell’articolo si fa riferimento alla bandiera adottata dalla rivoluzione. In merito precisiamo che è stata scelta nel 1932 da un comitato parlamentare di patrioti siriani, guidati da Ibrahim Hananu, leader storico delle rivolte anti-francesi nel periodo del protettorato. Viene ricordata come la bandiera dell’indipendenza (‘alam al istiqlal) che sventolava sugli edifici governativi quando nel ’46 le ultime truppe francesi lasciarono il paese. Fu sostituita nel 1958 quando venne costituita la RAU, ripresa per pochi anni e poi sostituita con il tricolore rosso, bianco e nero con 3 stelle verdi nel 1963. Con il suo forte significato di indipendenza, la bandiera a 3 stelle rosse è stata ripresa dai manifestanti nel 2011 a simboleggiare la volontà di cambiamento, dopo decenni di dittatura e oppressione.
Vorremmo infine ricordare che il FSA non compare in nessuna delle liste ufficiali di organizzazioni terroristiche.
Fatte queste precisazioni storiche, vorremmo chiarire che Studenti Unior Pro Rivoluzione Siriana non appoggia nessun gruppo armato, ma solo il popolo siriano nelle sue aspirazioni democratiche e di libertà.
Ci siamo stupiti nel leggere i commenti riguardo al documentario, che viene tacciato di essere “un esplicito appoggio ai tagliagole dell’Isis”. Ziad Homsi, uno dei registi del film, è stato rapito e torturato dallo Stato Islamico; il protagonista del documentario, Yassin al-Haj Saleh, vive la tragedia del rapimento del fratello da parte dello stesso gruppo terroristico; chiare condanne all’operato criminale di Daesh vengono espresse durante tutto il documentario, con la preziosa testimonianza di Homsi, fuggito dalla prigionia dei miliziani dell’Isis. Ci viene dunque difficile capire come sia stato possibile definire il documentario in questi termini.
“Our terrible country” è una riflessione profonda e non scevra di autocritica sui risvolti della rivoluzione siriana e quindi anche qui risulta difficile capire come sia possibile parlare di scene inneggianti al FSA.
StUpRS